La Consulta è intervenuta sulla norma che escludeva l’erogazione delle maggiorazioni per i dipendenti pubblici. Cosa cambia?
Grazie alla recente sentenza della Corte Costituzionale n. 4 dell’11 gennaio 2024, è stata ampliata la platea dei beneficiari del bonus di anzianità.
In particolare, la Consulta ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 51, comma 3, della Legge n. 388/2000, con il quale il legislatore aveva stabilito, in maniera retroattiva, il riconoscimento delle maggiorazioni relative all’indennità di anzianità dei lavoratori statali, per il triennio1991-1993, ammettendoli soltanto in favore dei coloro che avevano maturato i requisiti entro il 1990.
Per i Giudici, infatti, il legislatore non è totalmente autorizzato ad approvare norme retroattive, anche in settori diversi da quello penale e, in particolar modo, quando incide sui processi pendenti. Può emanare leggi retroattive solo se ci sono essenziali ragioni di interesse generale.
Ma cosa prevedeva la Legge n. 388/2000 e in che modo limitava i dipendenti pubblici?
Al momento della cessazione del rapporto lavorativo, il datore è obbligato a corrispondere al dipendente un’indennità proporzionata agli anni di servizio svolti e calcolata sull’ultima retribuzione percepita, nella misura di otto giorni per ciascun anno di servizio.
La Legge n. 399/2000 riconosceva le indennità di anzianità solo ai dipendenti pubblici che possedevano una determinata anzianità di servizio entro il 1990.
In seguito, tuttavia, è stata introdotta una nuova legge, che ha prorogato l’operatività della precedente, ma ha sollevato un pericoloso dubbio. Con la proroga, infatti, veniva dilazionato anche il termine entro il quale maturare l’anzianità di servizio per usufruire del Bonus?
Per i giudici amministrativi, la risposta a tale quesito era positiva. Il Consiglio di Stato, dunque, ha deciso di sollevare la questione di legittimità costituzionale relativa alla Legge n. 388/2000, sostenendo che il legislatore avesse emanato in maniera illegittima una norma retroattiva.
L’irretroattività, per i giudici del Consiglio di Stato, non doveva essere garantita solo nel settore penale ma anche per tutti gli altri, compreso quello fiscale.
La Corte Costituzionale ha precisato che nei campi diversi dal penale, inoltre, l’irretroattività non va considerata come assoluta e, pertanto, il Parlamento può approvare leggi retroattive, ma solo qualora ci sia un imperativo motivo di interesse generale.
È il caso, ad esempio, della necessità di ostacolare eventuali abusi di difetti tecnici delle leggi. E le motivazioni devono essere debitamente provate, tramite relazioni tecniche che accompagnano i disegni di legge.
Per questa ragione, le leggi devono essere scritte con un linguaggio chiaro e preciso, evitando espressioni vaghe.
In conclusione, in nessun caso il legislatore può sostituirsi al giudice in ambito finanziario, relativamente alla definizione delle controversie.
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