Chi ha un conto corrente bancario deve stare attento a prelievi e versamenti perché potrebbe ricevere accertamenti dal Fisco.
Ogni anno, le banche hanno l’obbligo di inviare al Fisco tutti i dati relativi alle operazioni compiute dai loro clienti.
Tali informazioni vengono conservate in un archivio, denominato “Registro dei rapporti finanziari“, che costituisce una sezione dell’Anagrafe tributaria. In questo modo, l’Agenzia delle Entrate, incrociando i dati recepiti, può verificare i redditi dei contribuenti e stabilire se quanto dichiarato corrisponda al vero.
Di conseguenza, tutte le operazioni effettuate sul proprio conto corrente sono soggette a tale controllo. Se il correntista versa dei contanti e tale importo non è contenuto nella Dichiarazione dei Redditi, potrebbe essere considerato un reddito non dichiarato.
Tale presunzione è automatica e, dunque, sarà compito del soggetto coinvolto presentare la prova contraria, cioè che si tratta di redditi esenti (ad esempio, una donazione o un risarcimento) oppure già tassai alla fonte (ad esempio, una vincita). Questo principio non vale solo per gli imprenditori o i professionisti, ma per tutti i contribuenti, compresi i disoccupati.
Quando è possibile controllare i prelievi da parte del Fisco?
Ad essere oggetto di possibili accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate sono non solo i versamenti ma anche i prelievi.
Mentre, però, gli accertamenti sui versamenti possono interessare tutte le categorie di contribuenti, quelli sui prelievi possono coinvolgere solo gli imprenditori. I titolari di reddito di impresa intenzionati a evitare un controllo, quindi, dovranno provare l’effettiva destinazione dei soldi prelevati dal conto.
In altre parole, i lavoratori dipendenti, i professionisti, gli artigiani, i pensionati e i disoccupati hanno il diritto di prelevare qualsiasi importo dal proprio conto, senza il pericolo di incorrere in un accertamento fiscale. Gli imprenditori, invece, possono essere controllati anche nel caso dei prelievi.
Ricordiamo, infine, che ulteriori obblighi sono imposti dalla normativa antiriciclaggio, destinata a combattere la commissione di reati gravi (come il contrabbando o il traffico di stupefacenti). In base a tale normativa, nel caso in cui il correntista compia un prelievo superiore a 10 mila euro al mese (anche se in maniera frazionata), la banca deve pretendere una dichiarazione per giustificare lo scopo dell’operazione effettuata.
La dichiarazione deve essere inoltrata alla sede centrale dell’istituto di credito che, poi, a seconda delle informazioni in essa contenute, deciderà se mandarla alla UIF (l’Unità di Informazione Finanziaria). Quest’ultima, infine, dovrà effettuare un ulteriore accertamento e, se individuerà eventuali sospetti di reato, manderà un’informazione alla Procura della Repubblica, affinché vengano avviate delle indagini penali.